Nuraghe Diana: un capolavoro dell’ingegneria nuragica
Capolavoro di ingegno costruttivo e di grande fascino, il nuraghe Diana è considerato uno dei nuraghi di tipo complesso trilobato meglio conservato del territorio quartese.
La Sardegna, terra dalla storia plurimillenaria, vanta un vasto e articolato patrimonio storico, culturale, artistico ed archeologico che comprende straordinarie opere monumentali come il nuraghe Diana, un complesso nuragico costiero risalente al II millennio a.C. e situato nel comune di Quartu Sant’Elena, nella città metropolitana di Cagliari.
Immerso in uno scenario magico e circondato dai profumi della natura incontaminata, il sito sorge sulla collinetta granitica di Is Mortorius, in località Baia azzurra, da cui è possibile godere di un’ampia visuale sullo splendido golfo degli Angeli, delimitato a est da capo Carbonara e dall’isola dei Cavoli e a ovest da capo Spartivento.
Il nuraghe Diana, di tipo complesso e inquadrabile tra la fase del Bronzo finale e la prima età del Ferro, è costituito da una torre centrale con copertura a thòlos e da tue torri minori collegate da una cortina muraria che delineano una planimetria triangolare del tipo cosiddetto “a tancato”. Questo tipo di costruzioni, considerate l’evoluzione dei nuraghi monotorre, sono costituite da una torre principale a cui veniva aggiunto, in un secondo tempo, un altro edificio circolare collegato alla torre originaria attraverso due cortine murarie che al loro interno racchiudevano un cortile a volte fornito di un pozzo.
Anche al centro del nuraghe Diana è presente un cortile a cielo aperto in forma quadrangolare da cui è possibile accedere ai vari ambienti, mentre il fortino costruito sulla sommità del mastio principale risale al periodo della seconda guerra mondiale. I primi rilievi del complesso risalgono agli anni Cinquanta ad opera di Enrico Atzeni, archeologo e professore ordinario di paletnologia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, dove è succeduto a Giovanni Lilliu ritenuto il massimo conoscitore della civiltà nuragica. Le indagini di scavo, invece, sono cominciate nel 2000.
L’ingresso al nuraghe si apre a sudest e proseguendo lungo il corridoio, che presenta due nicchie ricavate nello spessore murario, si raggiunge il cortile dove, guardando a destra e a sinistra, si notano gli accessi alle due torri. Più avanti, sempre sulla destra, si trova la scala intramuraria che portava ai piani superiori, mentre girando a sinistra si accede a un altro vano. Continuando in linea retta si raggiunge l’ingresso al mastio con nicchie incavate nello spessore murario poste a est e a ovest della circonferenza della camera.
Il complesso nuragico costiero è nato da un progetto di ideazione e costruzione nello stesso momento di tutti gli elementi che lo compongono, una peculiarità che lo rende unico nel suo genere: i nuraghi, infatti, venivano ingranditi nel tempo con l’aggiunta di altre costruzioni annesse alla torre centrale.
Una descrizione del nuraghe Diana è contenuta nella Monografia Storico-Statistica del Comune di Quartu Sant’Elena, dell’Avvocato Luigi Rossi Vitelli, dove si legge quanto segue: “ (…) Il Nuraghe Diana, detto nel paese Nuraxjanna per la sua particolare costruzione interna diversa assai dagli altri, e per un sotterraneo ivi esistente: esso viene specialmente illustrato da tutti gli archeologi che scrissero sulle sarde antichità, l’Abate Angius nel fascicolo 5 della Biblioteca Sarda lo chiama il magnifico Nuraghejanna di Quartu: esso è situato a circa 10 Kilometri da Quartu, fu molto danneggiato, e quasi intieramente distrutto, in questi ultimi anni e gran parte del granito di cui era costruito fu trasportato a Cagliari per il lastrico della città”
Nuraghe Diana: storia di un tesoro nascosto e mai ritrovato
Il nuraghe Diana è protagonista di una storia tramandata di generazione in generazione che racconta di un tesoro nascosto proprio nei pressi dell’antica costruzione e sotterrato dal pirata saraceno Mujāhid ibn ʿAbd Allāh al-ʿĀmirī, detto al-Muwafaqq, noto in Italia come il nome di Giacomo Mugahid al ‘Amir e popolarmente chiamato Museto, Musetto o Mugetto.
Secondo la leggenda, Musetto, prima di lasciare l’isola, avrebbe nascosto proprio nei pressi del nuraghe un tesoro di inestimabile valore nell’attesa di tornare in Sardegna per recuperarlo e riunirsi con la sua sposa. Il pirata però non fece più ritorno sull’isola, lasciando sola la sua compagna che passò il resto della vita scrutando il mare in attesa del ritorno dell’amato. La donna fu soprannominata dalla gente del posto la “Capitana”, nome che oggi indica la spiaggia sulla quale si affaccia il nuraghe Diana.
La leggenda del tesoro del pirata Mugahid al ‘Amir scatenò una “corsa all’oro” e una frenetica attività di scavo nei pressi e in corrispondenza dello stesso nuraghe, alla ricerca di un presunto pozzo all’interno del quale si diceva fosse nascosto il tesoro. Un tesoro che, secondo i racconti popolari, è maledetto e non potrà mai essere ritrovato poiché protetto da anime dannate.
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