Mirto di Sardegna: un’istituzione della regione insulare
Il Mirto di Sardegna è un liquore digestivo tra i più apprezzati dai consumatori di tutto lo Stivale.
Sarebbe ingeneroso definire il mirto di Sardegna un semplice liquore. Questa bevanda infatti rappresenta una vera e propria istituzione per la regione, e non a caso nel 1998 è stato riconosciuta come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) dal Ministero delle Politiche agricole. La sua storia è antichissima e le curiosità (e addirittura leggende) che vi ruotano attorno sono davvero tante.
La storia del mirto di Sardegna
Un po’ come la terra a cui è associato, anche il mirto ha una storia ricca di racconti misteriosi e aneddoti millenari, che hanno ad oggetto specialmente la pianta da cui viene estratto. Inizialmente gli Egizi lo consideravano un portafortuna, tanto che durante le festività adornavano le città con dei ramoscelli di mirto per tenere lontane disgrazie e malattie. Il principio era lo stesso dei Celti con il vischio, una tradizione natalizia tuttoggi presente.
Anche in Medio Oriente il mirto veniva ritenuto beneaugurante. Lo certificano i racconti su Adamo e la sua cacciata dall’Eden: l’uomo avrebbe portato con sè dal Paradiso Terrestre solo un ramoscello di mirto. Aveva la stessa valenza anche nell’antica Roma, dal momento che i soldati si cingevano il capo con una corona della stessa pianta. Inoltre, si riteneva che rendesse più vigorosi gli uomini, specialmente gli atleti delle Olimpiadi.
Era altresì legato al concetto di femminilità. Il poeta romano Ovidio raccontava come dei ramoscelli di mirto avessero protetto le grazie di Afrodite, dopo che un satiro l’aveva vista uscire dal mare. E sempre Afrodite ne aveva usati altrettanti per cingere la testa di Paride, dopo il giudizio del giovane nel Pomo della Discordia. Per la mitologia greca le bacche della pianta aumentavano sia il desiderio sessuale che la fertilità.
Nessuno ha invece idea di come il mirto sia arrivato in Sardegna. Ciò che sappiamo è che storicamente i primi a far macerare alcune materie prime per ottenere un prodotto alcolico (i limoni per produrre limoncello, ad esempio) sono stati gli Egizi, i Romani e gli Arabi. Tuttavia, la pianta di mirto non era oggetto dello stesso trattamento ed era sempre utilizzata come pianta ornamentale.
Questo fino al 1700, quando si sa per certo che i banditi di Gallura producevano già il liquore. Ma non si sa come la pianta, da Roma, sia giunta nell’isola. Ad ogni modo, da quel momento il mirto è diventato uno dei prodotti più amati, bevuti ed esportati dai sardi, con il suo sapore così particolare e le straordinarie proprietà digestive. E uno dei simboli della regione, insieme al Cannonau e ad altri prodotti enogastronomici.
Preparazione e ricetta del Mirto di Sardegna
Il mirto di Sardegna è il frutto della macerazione delle bacche della pianta omonima, da cui si ottiene un liquido dal colore rosso intenso, caratterizzato da una gradazione alcolica compresa tra i 28° e i 30°. La preparazione di questa bevanda digestiva segue un procedimento disciplinare molto preciso, controllato dall’Associazione Produttori Mirto di Sardegna:
- macerazione delle bacche mature con alcol etilico a 95 gradi o con una miscela di alcol o acquavite mischiate con acqua;
- a freddo, aggiunta di sciroppo di zucchero o miele;
- imbottigliamento e maturazione del liquore.
Il processo di invecchiamento può durare anche un anno, perfino nelle produzioni industriali. A seconda del tempo di maturazione, possono cambiare le caratteristiche organolettiche del mirto. Secondo gli esperti, il periodo migliore per la degustazione è compreso tra uno e due mesi dopo la preparazione. Ma il mirto è utilizzato anche in altri campi: alcune pasticcerie sarde infatti lo usano per l’aromatizzazione di alcuni dolci tipici, come ad esempio i gueffus, ovvero dei bocconcini di mandorla e zucchero dal sapore semplicemente irresistibile.
E per la produzione domestica? In questo caso, bisogna necessariamente procurarsi delle bacche mature, alcol etilico a 95°, zucchero e acqua. Una volta lavate, asciugate e fatte appassire, le bacche possono essere riposte in un contenitore, dove deve essere versato l’alcol. Qui bisogna far macerare il tutto, prima alla luce e poi in un ambiente buio, per circa 40 giorni. Dopodichè, le bacche vanno scolate e torchiate con non troppa forza. L’estratto va filtrato, e ad esso deve essere unito uno sciroppo, ottenuto sciogliendo lo zucchero nell’acqua.
A questo punto, il tutto va lasciato riposare in bottiglie di vetro, per il tempo che si preferisce (senza dimenticare che dopo due anni le proprietà della bevanda degenerano). Con questa ricetta chiunque può produrre in casa il proprio Mirto di Sardegna e gustarlo a fine pasto, come si conviene per uno dei digestivi più apprezzati dagli italiani.
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