De Andrè: la lunga storia d’amore tra il cantautore ligure e la Sardegna
“Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio”. Sono le parole che Fabrizio De André, cantautore e poeta italiano, dedica alla sua Sardegna, l’isola nel cuore del Mediterraneo che l’artista ha amato profondamente e dove si è consumato uno dei momenti più drammatici della sua vita.
In Italia è considerato un mito intramontabile, il grande cantautore che ha rinnovato la musica leggera del Belpaese nonché uno dei maggiori poeti del Novecento, ma è in Sardegna che Fabrizio De André, o Faber come l’aveva soprannominato l’attore e amico di una vita Paolo Villaggio, coltiva la sua dimensione umana e privata.
Sull’isola, insieme alla cantante e futura moglie Dori Ghezzi (la sposerà nel 1989), l’artista compra nel 1975 la tenuta dell’Agnata, un appezzamento di terra semi abbandonato con il tipico “stazzu”, il casale gallurese in granito, circondato da una foresta di querce sempreverdi e a pochi chilometri da Tempio Pausania e da Nuraghe Majori, uno tra più importanti nuraghi della Sardegna.
Un acquisto che non passò inosservato al SISDE, i servizi segreti italiani, che per 10 anni considerò Faber un sorvegliato special ritenendolo un “simpatizzante delle BR” e arrivando a sospettare che il terreno a Tempio Pausania servisse come rifugio per gli appartenenti ai movimenti extraparlamentari di sinistra. Sono anni, quelli a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, in cui l’Italia è costretta a fare i conti con una delle pagine più difficili della sua storia politica, sociale e culturale. Un periodo che per De André si traduce nelle canzoni del celebre album Storie di un impiegato del 1973.
La vita di Faber inizia così a dividersi tra Genova, la città natale che profuma di mare, e la Sardegna, terra scelta e amata. All’Agnata l’artista ristruttura la stalla, alleva vitelli da carne e maialini, coltiva ulivo e vite, inizia a seminare gli orti e restaura una seconda stalla, ormai in rovina, che usa come dispensa e cella frigorifera. Ristruttura anche un altro piccolo rudere destinato a ospitare la cucina e successivamente fa costruire un edificio di otto stanze e una piscina ricavata nella roccia. Inoltre, da rio Caprineddu, che attraversa la tenuta, fa ricavare un lago artificiale per assicurare alla comunità una riserva d’acqua utile a combattere le siccità estive e gli incendi.
L’Agnata diventa il simbolo dell’amore per la Sardegna, segna il ritorno alla natura, è il sogno diventato realtà di un bambino che impara ad amare la campagna durante l’infanzia quando, alla tenera alla tenera età di cinque anni, si ritrova a vivere nella tenuta della nonna, vicino Asti, per sfuggire alla difficoltà di una guerra feroce che non aveva risparmiato Genova.
Sono le parole dello stesso Faber a spiegare perché il cantautore scelse di trascorrere buona parte della sua esistenza sull’isola: “La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”.
De Andrè: la vicenda del sequestro non allontana Faber dall’isola
Si può dire che la Sardegna per De André è il luogo dell’anima. A Tempio Pausania nasce nel 1977 Luisa Vittoria, soprannominata in famiglia Luvi, la secondogenita di Faber dopo Cristiano, il figlio avuto dalla prima moglie Enrica “Puny” Rignon, e nel luglio 1979 la famiglia si trasferisce definitivamente all’Agnata. Sempre a Tempio Pausania Fabrizio e Dori si sposeranno nel 1989.
Sono sempre le parole del poeta e cantautore a descrivere meglio di chiunque altro la relazione tra l’artista-contadino, l’isola e la sua gente: “Questo luogo è una magia, dà tanta gioia per l’anima, anche quando torni a casa distrutto dalla stanchezza. Ti appaga e non lascia spazio alle inquietudini. Vivere questa dimensione è il modo più semplice ma anche il più profondo di vivere questa terra”. E ancora, dei sardi diceva: “Sono una etnìa rivolta al futuro e rispettosa del passato”.
Faber amava e rispettava allo stesso modo la terra che l’aveva adottato e il popolo che lo aveva accolto. Entrambi negli anni furono fonte d’ispirazione per numerose canzoni e poesie che ben descrivono il forte legame tra l’artista e i sardi, in particolare i contadini.
La Sardegna però è stata anche il teatro di una delle vicende più difficili della vita del cantautore. La notte del 27 agosto 1979 Fabrizio e Dori furono rapiti dall’anonima sequestri sarda e tenuti prigionieri nelle zone del Monte Lerno nel territorio del comune di Pattada.
I banditi studiarono i movimenti della coppia nei giorni precedenti il rapimento e agirono quando i due rimasero soli in casa dopo una serata trascorsa con i famigliari e alcuni amici. Fu Dori la prima a rendersi conto che stava succedendo qualcosa quando sentì qualcuno salire velocemente le scale che portavano al piano superiore dell’abitazione. La donna, sapendo che il compagno era scalzo, capì subito che non poteva trattarsi di Fabrizio e fece appena in tempo ad affacciarsi al ballatoio prima di essere aggredita da due uomini armati e a volto coperto mentre un terzo puntava un fucile verso De Andrè. In seguito, la coppia raccontò: “Fummo presi e fatti scendere al piano terra, dopo averci fatto calzare scarpe chiuse e portato con noi alcune paia di calze. Ci fecero uscire dal retro della casa e fatti sedere sulla nostra macchina, una Citroen Diane 6, targata MI. Prima di chiudere la porta chiesero a Fabrizio dove fosse l’interruttore per spegnere le luci del giardino”.
I due furono liberati quattro mesi più tardi a un giorno di distanza l’uno dall’altra. Dori il 20 dicembre intorno alle 23:00 e Faber alle 21:00 del giorno dopo. A pagare il riscatto di circa 550 milioni di lire fu il padre di Fabrizio. I componenti della banda composta da sei orunesi, un toscano, tre pattadesi, cui si aggiunsero due persone accusate di truffa e riciclaggio, furono arrestati nei giorni successivi al rilascio di Dori e Fabrizio che al processo si costituiranno parte civile contro i mandanti perdonando, invece, i carcerieri. Pochi anni più tardi il cantautore, insieme alla Ghezzi, firmerà la domanda di grazia diretta al Presidente della Repubblica e volta ad aiutare uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato a 25 anni di prigione.
De André racconterà l’esperienza del sequestro e della prigionia nelle canzoni Hotel Supramonte e Franziska contenute in L’indiano (o L’album dell’indiano), il decimo album di inediti in cui l’artista esplora le analogie tra il popolo sardo e i nativi americani senza rinunciare a ispirazioni figlie dei fatti dell’epoca.
Dopo il rapimento Fabrizio e Dori avrebbero potuto lasciare la Sardegna, ma non lo fecero e continuarono la loro vita all’Agnata. Al giornalista Vincenzo Mollica che gli chiese perché avevano scelto di restare a vivere sull’isola, De André rispose: “Per diversi motivi. Il principale sono proprio le varie etnie sarde che malgrado differenze sostanziali, anche di carattere linguistico e culturale, hanno il rispetto come valore fondamentale in cui credo anch’io. Quindi ci vivo bene in mezzo a loro. Un altro motivo è l’ambiente. Direi che è inutile descriverlo, basta guardarsi intorno. Credo che sia uno dei più spettacolari e puliti d’Europa”.
Foto: Fabrizio in Sardegna negli anni Novanta di Carlo Silvestro/Marka, archivio immagini fabriziodeandre.it
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