Seadas sarde: le origini del celebre e antico dessert
Se state pianificando un viaggio in Sardegna per immergervi nella bellezza di Cagliari e dintorni, tra una passeggiata alla scoperta dei tesori naturalistici, storici e archeologici e un tuffo nel meraviglioso mare dell’isola non potete perdere l’appuntamento con la cucina regionale e le seadas sarde.
Le seadas sarde a base di semola, formaggio e miele sono uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica isolana. Il dessert sardo per eccellenza che al singolare si pronuncia seada, sebada o sevada, in base alle diverse aree del territorio, ricorda un piccolo raviolo per la sua forma rotonda con il tipico bordo smerlato.
Il famoso dolce isolano ripieno di formaggio in origine era un piatto della cucina povera nato nelle zone comprese tra Campidano, Barbagia, Ogliastra, Logudoro, Gallura e Baronie, parti della Sardegna legate al fenomeno della pastorizia. Qui la seada non veniva servita a conclusione del pasto ma era considerata un secondo piatto o, più frequentemente, un piatto unico e nutriente che le donne preparavano per i propri mariti di ritorno dalla transumanza. Ricette a base di formaggio e miele che ricordano le seadas sarde sono citate anche nell’opera De Agricoltura di Catone e nel Satyricon di Petronio.
Sono invece diverse e numerose le ipotesi sull’etimologia del nome di uno tra i dolci più amati della cucina italiana. È importante ricordare che nel 1479, dopo l’epoca aragonese, la Sardegna passò sotto il dominio spagnolo ed è proprio a quel periodo, secondo alcune fonti, che risalgono le origini della parola seada. Sembra infatti che il nome del piatto derivi dal termine spagnolo cebar, cebana al participio passato, che tra le possibili traduzioni include anche i verbi italiani “cibare” e “alimentare”.
Un’altra teoria sostiene che seada si possa ricollegare all’espressione latina sebum con riferimento all’abitudine di usare grasso animale, su seu in sardo, tra gli ingredienti necessari alla preparazione del piatto.
Infine, una terza tesi sostiene l’idea che uno dei piatti più rappresentativi della cucina sarda deve il suo nome alla Hordeum vulgare, il cereale conosciuto più semplicemente con il nome di cebada, già noto in Sardegna nel Paleolitico insieme a farro e avena, e coltivato sull’isola prima dalla civiltà nuragica e poi dagli antichi Romani.
Scopriamo insieme qual è la ricetta per preparare le seadas sarde perfette.
Seadas sarde: una ricetta semplice per un dolce straordinario
Il segreto delle seadas sarde è la classica pasta sarda conosciuta con il nome di violata o violada e preparata con semola e strutto oppure semola e olio d’oliva.
Simile alla pasta brisée, la pasta violata è utilizzata nella preparazione di vari piatti della cucina isolana, sia dolci che salati, come i pistiddi, la panada, le casadinas, le pardalus, le seadas e molti altri.
Gli ingredienti della ricetta sono pochi e il procedimento è semplice:
- 500 g di semola di grano duro
- acqua tiepida
- 100 g di strutto (o olio extra vergine d’oliva)
- 1 pizzico di sale
Per ottenere un impasto omogeneo, morbido e liscio, disporre a fontana la farina su una spianatoia in legno, unire lo strutto tagliato a cubetti insieme a un pizzico di sale e cominciare a impastare con le mani aggiungendo un po’ alla volta dell’acqua tiepida. Il risultato sarà un panetto sodo, compatto e liscio che dovrà riposare per circa 30 minuti.
In attesa che la pasta sia pronta si può preparare la farcia delle seadas sarde che consiste in formaggio, principalmente pecorino aromatizzato con scorze di limone grattugiato, sciolto con un po’ d’acqua a fuoco moderato e mescolato di continuo per circa dieci minuti. Ecco le quantità:
- 500 g di pecorino fresco
- la scorza di un limone
- 70 g di acqua
Quando il formaggio sarà pronto è consigliabile stenderlo su un tagliere con l’aiuto di una spatola, lasciarlo raffreddare e ricavare dischi di circa 10-12 cm di diametro per 8 mm di altezza.
Terminata la lavorazione del ripieno sarà il momento di tirare la sfoglia, a mano o con l’aiuto di una macchina per la pasta, elettrica o a manovella, per ottenere una sfoglia di circa 3 mm di spessore su cui andranno adagiati, ben distanti tra loro, i dischi di formaggio addizionato con la scorza di limone che saranno successivamente ricoperti con un’altra sfoglia.
Dopo aver fatto aderire molto bene la pasta intorno al ripieno, con un coppapasta rotondo dai bordi ondulati e del diametro di circa 10 cm si possono ritagliare le seadas che verranno cucinate in abbondante olio di semi per un paio di minuti e successivamente ricoperte con miele caldo di corbezzolo o di castagno.
Le seadas sarde vanno consumate fresche, entro uno o due giorni al massimo, e possono essere congelate prima della cottura. Esiste anche una variante con formaggio crudo che viene grattugiato grossolanamente e condito con buccia di limone.
L’abbinamento perfetto è quello con i vini bianchi dell’isola, dolci e aromatici, come il Vermentino di Sardegna, la Vernaccia di Oristano, la Malvasia di Bosa e il Moscato di Sardegna.