Siti archeologici del Sud Sardegna: che cos’è l’archeologia?
I siti archeologici del Sud Sardegna sono imperdibili tappe di un viaggio alla scoperta della storia plurimillenaria dell’antica isola di Ichnusa.
I siti archeologici del Sud Sardegna sono un vero e proprio museo a cielo aperto, luoghi straordinari che custodiscono i segreti e leggende di una terra che secondo David Herbert Richards Lawrence, poeta e scrittore inglese che descrive l’isola nella sua celebre opera Mare e Sardegna, non assomiglia ad alcun altro luogo.
Un sito archeologico è un luogo, o un gruppo di luoghi, in cui si conservano le tracce dell’attività umana del passato, analizzate e documentate attraverso l’impiego di metodologie archeologiche.
In principio, i siti di interesse per l’archeologia avevano un carattere monumentale ed erano quindi visibili ad occhio nudo, ma nel secondo dopoguerra, grazie all’evoluzione delle tecniche di indagine come l’aerotopografia e la ricognizione, fu possibile individuare siti fino a quel momento invisibili. Le nuove scoperte influenzarono il significato del termine che oggi viene utilizzato per indicare una traccia di età umana risalente a qualsiasi epoca.
Inoltre, con l’affermarsi dell’archeologia processuale, la teoria archeologica nata nel 1958 ad opera di Gordon Willey e Philip Phillips, nota anche come New Archaeology, si è tentato di adottare nuovi criteri quantitativi per definire un sito archeologico, ad esempio valutando la densità dei materiali di superficie.
Che cos’è esattamente l’archeologia? L’archeologia, termine che deriva dal greco ἀρχαιολογία, composto dalle parole ἀρχαῖος, cioè “antico”, e λόγος, che significa “discorso” o “studio”, è la scienza che studia le civiltà del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante attraverso la raccolta, la documentazione e l’analisi delle tracce materiali giunte ai giorni nostri, come architetture e manufatti cui si aggiungono resti biologici e umani.
L’archeologia può essere suddivisa in varie discipline a seconda del periodo oggetto di studio (ad esempio; archeologia classica o archeologia industriale o paletnologia), oppure in base a particolari tecniche di indagine (ad esempio: archeologia subacquea o archeologia sperimentale), o a specifiche problematiche (ad esempio: archeologia urbana, archeologia teorica), o ancora sulla base del tipo di materiale esaminato (ad esempio: numismatica o epigrafia).
Siti archeologici del Sud Sardegna: i 5 da non perdere
La Sardegna è una terra unica, circondata da uno dei mari più belli del mondo e capace di regalare panorami mozzafiato che non hanno nulla da invidiare ai più remoti paradisi tropicali. Inoltre, l’isola vanta un ricco patrimonio naturalistico, artistico, storico e culturale che comprende gli splendidi nuraghi, ciclopiche tombe dei giganti, affascinanti domus de janas, misteriosi betili e tanti altri monumenti da tutelare e conoscere.
Tra i luoghi imperdibili ci sono anche i cinque siti archeologici del Sud Sardegna da visitare almeno una volta nella vita. Scopriamo insieme quali sono i cinque più belli da non perdere:
- Nora e il parco archeologico di Pula: Nora si trova a poche decine di chilometri a sud-ovest di Cagliari ed è stata la prima città fenicia in Sardegna nonché uno dei più importanti porti dell’isola. La prima civiltà ad abitare il territorio fu quella nuragica come testimoniano alcune rovine, tra cui il pozzo nuragico presso le “Terme a mare”, e i manufatti risalenti all’età del bronzo, cui si aggiungono alcuni nuraghi scoperti nella zona circostante. Tra gli antichi resti c’è anche una necropoli con tombe risalenti alla fine del VII secolo a.C. e agli inizi del VI secolo a.C. mentre del periodo nuragico-fenicio, VIII secolo a.C., è la stele di Nora, un blocco in pietra arenaria, alto 105 cm e largo 57 cm, con incisa un’iscrizione in alfabeto fenicio dove compare per la prima volta il nome della Sardegna indicato con la parola Shrdn. Della città originaria di Nora sono sopravvissuti allo scorrere del tempo il tophet, ovvero un santuario fenicio-punico, i resti del tempio dedicato alla dea Tanit e alcuni impianti artigianali nell’area più vicina al mare. Al periodo romano risalgono, invece, il foro, il teatro e l’anfiteatro, case e impianti termali;
- Area Archeologica Su Nuraxi di Barumini: Su Nuraxi è uno dei più importanti siti archeologici dell’intera Sardegna e fu riportato alla luce negli anni Cinquanta durante gli scavi condotti dall’archeologo baruminense Giovanni Lilliu, considerato il massimo conoscitore dell’antica civiltà nuragica. Il sito è stato classificato dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità a partire dal 1997 e oggi la tutela e la valorizzazione del sito, insieme ad altri preziosi beni storici, sono affidate alla Fondazione Barumini Sistema Cultura. Il complesso archeologico presenta una stratificazione storica che va dal XVI secolo a.C. al VII d.C. e copre un arco temporale di oltre duemila anni. L’insediamento umano si sviluppa intorno a un nuraghe quadrilobato, costruito principalmente in basalto, una pietra vulcanica dura proveniente dal vicino altopiano della Giara, ed è composto da un bastione di quattro torri angolari più una centrale. Durante il periodo di Bronzo Medio (1500-1350 a.C.) venne innalzata la torre maggiore, chiamata anche mastio, una torre centrale troncoconica circondata da un bastione costituito da quattro torri a due piani coronate da mensole che sostenevano ballatoi. Al periodo del Bronzo Recente (1300-1000 a.C.) risale invece la costruzione di altre quattro torri, alte 14 metri, orientate secondo i punti cardinali e unite tra loro da una cinta muraria con ballatoio superiore che non è sopravvissuto al tempo. Dal bastione quadrilobato si accedeva a un cortile, provvisto di pozzo, che serviva per collegare i vani delle diverse torri composte da due camere sovrapposte con pianta circolare e volta a tholos. Nello stesso periodo, furono costruite le prime abitazione del villaggio e tre torri dell’antemurale, ovvero la cinta muraria difensiva, che nel Bronzo Finale fu rinnovata e ampliata. Inoltre, al Bronzo Finale risalgono anche le abitazioni a pianta circolare, ricoperte da tetti in legno e dalla forma conica, di cui la più importante è la “capanna 80” o “capanna delle assemblee” o “capanna delle riunioni”. Al termine della civiltà nuragica, con l’Età del Ferro (X-VIII sec. a.C.), il tessuto insediativo crebbe e furono introdotti sistemi di canalizzazione delle acque e di fognatura. In seguito Su Nuraxi fu quasi totalmente distrutto e sui resti fu costruito intorno al VII secolo a.C. un nuovo centro abitato;
- Necropoli di Montessu: il sito archeologico prenuragico si trova sui fianchi meridionali del colle di Sa Pranedda, a pochi km a nord dal comune di Villaperuccio. La Necropoli di Montessu, considerata una delle più vaste e importanti di tutta l’isola, conta circa quaranta domus de janas, ovvero tombe preistoriche scavate nella roccia tipiche della Sardegna prenuragica. Il sito funerario è stato utilizzato per circa un millennio durante il quale si sono avvicendate le antiche culture di Ozieri, Abealzu-Filigosa, Monte Claro, del vaso campaniforme e di Bonnanaro. Le domus de janas hanno una planimetria assai varia e dimensioni molti diverse tra loro: una delle più importanti è la “tomba delle spirali”, decorata all’interno con denti di lupo nell’anticella, una protome taurina nella parete d’ingresso, numerose spirali che simboleggiavano gli occhi o i seni della dea madre, motivi a candelabro ed infine la falsa porta sul fondo ad indicare il passaggio verso l’aldilà. Un’altra tomba, denominata “delle corna”, appartiene al tipo a proiezione verticale e presenta, scolpite sulla volta e sul gradino all’ingresso, numerose corna di varia foggia, alludenti al dio toro. Va ricordato che accanto alla necropoli si possono notare dei giganteschi menhir aniconici tra i quali “Luxia Arrabiosa” monolito in località Su Terrazzu, alto 5 m circa e mutilato da un fulmine nella parte superiore;
- Area archeologica di Matzanni: il complesso di edifici sacri di età nuragica e punica si trova nel comune di Vallermosa, a circa 700 metri sul livello del mare, sul versante meridionale del monte Linas, ed è composto da tre pozzi sacri nuragici e capanne circolari databili alla tarda età del bronzo e all’età del ferro. Dei tre pozzi, il primo è costituto da un atrio, una scala discendente e una camera sotterranea con copertura a tholos, mentre il secondo è composto da un vestibolo e una scala discendente completamente interrati cui si aggiunge una camera a tholos, priva di copertura. Del terzo pozzo, simile al famoso Su Tempiesu di Orune e dalla larghezza che passa da due metri e sessanta verso l’esterno, a due metri e venti in prossimità̀ della scala di accesso alla camera, è visibile il vestibolo, pavimentato con lastre di scisto. Inoltre, in epoca punica, nei pressi dell’area sacra protosarda, fu edificato il tempio di Genna Cantoni, oggi facente parte del comune di Iglesias, costruito con blocchi di calcarenite e di pianta 7 x 12 metri. Il sito di Matzanni ha restituito una coppa di produzione etrusca, punte di lancia, resti di ceramiche, un bronzetto detto Barbetta per via della particolare acconciatura e una moneta di Antonino Pio, che testimoniano la frequentazione anche in epoca romana;
- Sulky: considerata la città più antica della Sardegna e chiamata anche Sulci, Solci o Sulcis, fu un insediamento prenuragico e nuragico, una città fenicia e poi punica e romana, capitale dei Solcitani, ed oggi un sito archeologico tra i più importanti dell’isola. Sulky sorgeva nel luogo dell’odierna Sant’Antioco, sul versante nord dell’omonima isola dell’arcipelago sulcitano, e fu abitata sin dal III millennio a.C.: gli insediamenti più antichi dell’area, infatti, risalgono alla cultura Ozieri e ne sono testimonianza gli abitati e le domus de jana di Is Pruinis. A quella che gli archeologi definiscono la “prima grande cultura sarda” seguirono le popolazioni nuragiche dell’Età del bronzo che, secondo gli studiosi, si relazionarono pacificamente con i primi mercanti levantini: lo dimostrano i ritrovamenti effettuati durante le campagne di scavo che raccontano la convivenza tra Fenici e Nuragici. La nascita della città di Sulky risalirebbe al 770 a.C., tuttavia il ritrovamento di ceramiche “bichrome Ware”, di produzione fenicia di Oriente, fanno pensare che la fondazione della città potrebbe essere avvenuta attorno IX secolo a.C. Le prime notizie sull’antico abitato fenicio provengono da un’area denominata Cronicario che nel 1983 fu sottoposta a uno studio approfondito da parte di Paolo Bernardini e Carlo Tronchetti, dirigenti della Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, che avviarono l’esplorazione del luogo. In quell’occasione furono rinvenuti importanti resti dell’antica città, prima fenicia, poi punica e quindi romana. Oltre alle strutture murarie, in pietra e in mattoni di argilla cruda, furono rinvenuti numerosi oggetti, soprattutto in terracotta, che hanno permesso di conoscere meglio i rapporti commerciali che legavano l’antica Sulcis al Libano, alla Penisola Iberica, all’Africa settentrionale e all’Etruria. Al periodo fenicio-punico risale anche il tofet cittadino, mentre importanti modifiche culturali e urbanistiche sono state attuate durante il dominio di Cartagine. Al dominio cartaginese seguì l’occupazione romana della Sardegna e in questo periodo, secondo il filosofo, storico e geografo Strabone, Sulci era considerata la più importante città dell’isola insieme a Cagliari. Va inoltre ricordato che sulla necropoli punica, una delle più importanti del Mediterraneo con un numero di tombe molto esteso (circa 1500) e la cui cronologia va dai primi anni del V alla fine del III sec. a.C., sorse quella romana e, in età cristiana, un cimitero di catacombe. I numerosi e importanti reperti fenici e punici rinvenuti negli scavi del tofet, della necropoli e dell’abitato, nonché oggetti di età romana sono conservati nel Museo Archeologico Comunale “Ferruccio Barreca” aperto al pubblico tutti i giorni dalle 9:00 alle 19:00.
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