In Sardegna sono circa duemila le Domus de Janas, ovvero le “case delle fate”.
Le Domus de Janas sarde sono uno dei tesori più antichi della regione isolana.
La Sardegna è famosa per le testimonianze millenarie lasciate dalle civiltà che hanno vissuto nell’isola. Una delle più importanti, insieme ai nuraghi, è rappresentata dalle Domus de Janas. Ne sono presenti circa duemila in tutta la regione e si tratta di vere e proprie caverne funerarie scavate nella roccia più di cinquemila anni fa, e al cui interno venivano seppelliti i morti.
A ribattezzarle “Domus de Janas” è stata la tradizione popolare sarda. Tradotto letteralmente, questo termine significa “casa delle fate” o “casa delle streghe”: secondo la leggenda erano piccole dimore abitate da creature misteriose, donne di statura minuscola, un po’ streghe e un po’ fate. Impegnate a tessere splendide stoffe sui loro preziosi telai d’oro, si narra che fossero particolarmente abili nell’intonare dolci melodie. Una versione sarda degli elfi dunque, la cui piccola taglia consentiva loro di vivere nelle Domus.
Ovviamente questa è una leggenda: come detto, le Domus de Janas sono costruzioni millenarie in pietra presenti su tutta l’Isola. Più precisamente, la loro funzione era quella di caverne funerarie, scavate nella roccia per seppellire i morti. Posizionate una accanto all’altra in quantità elevate, formavano necropoli che potevano ospitare fino ad un centinaio di corpi. Questi erano posti in posizione fetale, accanto ai loro averi, che si ritenevano indispensabili per compiere il viaggio verso l’aldilà. Alcuni studiosi ritengono che i corpi venissero messi all’interno delle caverne solo dopo essere stati lasciati all’aperto e quando di loro non rimaneva che lo scheletro.
Le Domus de Janas erano vere e proprie case in miniatura
Nel momento in cui vennero edificate, la finalità di queste Domus era evidente: offrire una casa dove abitare anche ai morti. D’altra parte è la stessa etimologia della parola “Domus” a suggerirlo: in latino significa casa, ed in effetti le Domus de Janas sono la precisa miniatura delle case di questa antica civiltà, destinate ai morti. Infatti a quel tempo si credeva molto nella resurrezione: non a caso i corpi venivano pitturati di ocra rosso, che rappresentava il sangue che avrebbe riportato in vita il defunto.
Proprio nell’ottica di una continuità tra vita e morte, le Domus destinate ai defunti riproponevano lo stile di quelle dei vivi. Nelle loro pareti in pietra erano presenti tutti gli elementi architettonici delle case in legno, dalle zoccolature ai travi lignei dei tetti a doppio spiovente. Perciò, l’architettura funeraria era la naturale prosecuzione di quella domestica: un fil rouge che univa l’abitazione con il luogo dove venivano custodite le spoglie mortali.
Le Domus de Janas non sono però solo costruzioni funzionali. Hanno anche diversi elementi ornamentali interessanti. Nelle pareti ad esempio venivano scolpite diverse raffigurazioni che rimandavano a simboli religiosi, come le false porte (che segnavano il passaggio al mondo ultraterreno), le corna e le protomi taurine, quest’ultime con la funzione di proteggere il sonno dei morti.
Realizzare questo tipo di progetti richiedeva una grande abilità artigiana. Il tutto con pochi e rozzi strumenti, con cui i mastri artigiani sardi intervenivano sulla roccia trachitica od arenaria, preferibilmente nelle falde delle colline o in pianori leggermente sopraelevati.
Le Domus de Janas più belle
Come dicevamo, in Sardegna sono più di duemila le Domus de Janas. La più grande necropoli ipogea dell’Isola, per numero di tombe ritrovate, è quella di Anghelu Ruiu, datata 3500-1800 a.C. Sono grotticelle a più ambienti scavate nell’arenaria, che mostrano gli elementi tipici della religiosità neolitica dell’area mediterranea. Anche qui è molto diffuso l’uso dell’ocra rosso, colore del sangue e della rigenerazione.
Delle 38 tombe rinvenute, è di particolare interesse la numero 28, che presenta scolpiti ai lati del portello della cella maggiore i simboli associati della coppia divina “toro-dea madre”. Si tratta di due protomi taurine a doppie corna a testa schematizzata a rettangolo, con cerchi concentrici incisi.
Il complesso sorge in località I Piani, a circa 9 km dal mare in una vasta piana attraversata dal Rio Filibertu. Per arrivarci bisogna percorrere la strada statale 127bis e attraversare il quartiere cittadino della Pietraia. Una volta giunti all’incrocio di Maria Pia, bisogna prendere la direzione del Porto Torres. Qui si attraversa per circa 10 km la “strada dei due mari”, fino a vedere, sulla sinistra, l’ingresso della necropoli.
Un altro sito archeologico che segnaliamo è quello di Santu Pedru, una necropoli rupestre risalente al 3500-1800 a.C., costituita da 10 ipogei scavati nel tufo rachitico del versante meridionale della collina omonima. La tomba numero 4, in età tardoantica (VI-VII secolo) è stata trasformata in chiesa dedicata ai santi Pietro e Lucia.
Per arrivare al sito, una volta usciti da Alghero, bisogna prendere la SS 127 bis per Uri e Ittiri. Superato il bivio per Olmedo, è necessario proseguire per circa 3 km. L’ingresso della tomba principale si trova alla fine di un lungo rettilineo e subito dopo una curva a destra.
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