Capo Carbonara: un’oasi di biodiversità nel cuore del Mediterraneo
Nel Sud Sardegna, a due passi dalla rinomata località turistica di Villasimius, si trova uno dei tratti costieri più belli di tutta l’isola che ospita l’area marina protetta di Capo Carbonara.
Una delle tappe imperdibili di un viaggio alla scoperta di Cagliari e dintorni è Capo Carbonara, dove maestose falesie a picco sul mare e coste rocciose e selvagge si alternano a lunghi arenili sabbiosi, lagune e grandi aree verdi.
Situato nel comune di Villasimius, a circa 6 km a sud del paese, il promontorio di Capo Carbonara è lungo circa 3,5 km e ha una larghezza massima di 1,8 km. Sui due versanti si trovano alcune delle attrazioni turistiche più importanti dell’isola:
- Costa ovest: il porticciolo di Villasimius con la spiaggia, i resti di un’antica fortezza, punta Santo Stefano e la frazione di Santa Caterina con la sua caletta.
- Costa est: la baia di Is traias dalla caratteristica forma a semicerchio e con la spiaggia di finissima sabbia bianca, la splendida spiaggia tropicale di Porto Giunco, considerata una delle più belle d’Italia, la torre di avvistamento di Porto Giunco, lo stagno di Notteri, abitato dai famosi fenicotteri rosa, e la piccola spiaggia di Cava Usai che deve il suo nome alla vecchia cava di granito utilizzata fino al 1950.
Inoltre, davanti a Capo Carbonara, a circa 800 metri a sud-est, si trova l’isola dei Cavoli chiamata in sardo Isula de is Càvurus che significa “isola dei granchi” in riferimento alla presenza nell’isola di numerosi crostacei.
Inserita nell’elenco delle dieci aree marine più belle della Sardegna, Capo Carbonara è uno scrigno di biodiversità che conta una gran varietà di specie marine, praterie di Posidonia oceanica e un vero e proprio museo sott’acqua con relitti di ogni epoca, dalle galere romane ai moderni cargo, che giacciono sui fondali.
L’area naturale marina protetta, più brevemente area marina protetta o AMP, va da Capo Boi all’isola di Serpentara e copre una superficie complessiva di quasi 86 chilometri quadrati. L’AMP comprende l’isola dei Cavoli e secche dei Berni, di Mezzo, di Libeccio, dei Pescatelli e di Santa Caterina, dove si trova la statua della Madonna del Naufrago realizzata dall’artista Pinuccio Sciola.
Nell’area, suddivisa in quadrati indicati dalle lettere A, B e C, è vietata la pesca subacquea e nella zona A non sono permesse anche la navigazione e la balneazione.
Capo Carbonara: il faro tra storia e leggenda
La zona di Capo Carbonara è famosa per essere il punto meno piovoso d’Italia e qui, sull’omonimo promontorio proteso verso le acque azzurre e cristalline del mare di Sardegna, si trova lo storico faro attivo dal 1917.
Alto 120 metri sul livello del mare e con una portata di 23 miglia marine, il faro è costituito da una torre rotonda in muratura ed è fornito di un’ottica rotante che emette lampi di luce bianca di durata 0,3 secondi a intervalli di 7,5 secondi. Adiacente alla torre della lanterna, alta 5 metri, si trova l’edificio che ospita gli alloggi degli addetti al faro. Inoltre, il faro è dotato di una lanterna di riserva che ha una portata di 18 miglia.
La gestione del faro di Capo Carbonara è affidata al Comando di Zona Fari della Marina Militare, Reggenza di Cagliari, con sede a La Maddalena.
Attorno alla struttura ruotano numerose storie e leggende ma la più conosciuta è sicuramente quella che ha per protagonista il guardiano Giovanni.
Si racconta che molti anni fa i guardiani del faro di Capo Carbonara fossero Guido e Roberto, entrambi sposati e con figli. Ai due si aggiunse il bel Giovanni, un uomo della Marina che aveva chiesto di prestare servizio a terra e fu inviato a presidiare il faro.
Giovanni aveva una fidanzata ed era quasi arrivato alla soglia dell’altare ma il matrimonio non fu mai celebrato perché la ragazza di cui era innamorato non sopportava l’idea di abitare nella solitudine di un faro e si rifiutò di sposarlo. Fu così che Giovanni si ritrovò solo e le famiglie di Guido e Roberto diventarono la sua famiglia.
Con l’arrivo dell’elettricità la vita dei tre guardiani cambiò radicalmente. Roberto e la sua famiglia furono trasferiti e poco tempo dopo la stessa sorte toccò a Guido. Giovanni rimase solo a prendersi cura del faro e ogni giorno saliva e scendeva le scale della torre per accendere e spegnere la luce nell’attesa che giungesse la comunicazione che l’impianto sarebbe stato automatizzato.
Ma la notizia non arrivò mai e la gente sembrava essersi dimenticata del guardiano del faro. Anno dopo anno i capelli di Giovanni, una volta neri come il carbone, cominciarono ad assumere una sfumatura grigia che indicava il passaggio del tempo. Malgrado ciò, l’uomo aveva conservato la prestanza fisica della gioventù e il suo passatempo preferito era scendere alla scogliera sotto al faro per andare a pescare.
Un giorno, mentre aspettava che qualche pesce abboccasse, l’improvvisa visione di una pinna conquistò la sua attenzione e preso dalla curiosità abbandonò la postazione per inseguire, saltando di roccia in roccia, quello che credeva un grosso pesce. A un tratto, la pinna sparì in una piccola insenatura e da dietro uno scoglio apparve il viso di una bellissima ragazza che gli sorrideva.
L’uomo le porse una mano per aiutarla a uscire dall’acqua ma la fanciulla scosse la testa e gli disse di essere una sirena. “Credevo che non esistessero le sirene” disse Giovanni guardando con stupore la giovane donna che davanti all’incredulità del guardiano replicò: “Certo che esistiamo, ma non qui. Secoli di battaglie navali, di rumori, i vostri ami, le vostre reti, e anche il vostro inquinamento, tutto ci ha ricacciato da tempo nel più profondo del mare, e lì viviamo in pace, lontano dall’uomo”.
La sirena offrì a Giovanni l’eterna giovinezza e la possibilità di vivere con lei nelle profondità delle acque se l’uomo si fosse tuffato in mare. Dopo un primo momento di esitazione, l’ultimo guardiano del faro d Capo Carbonara decise di raccogliere l’invito e una volta entrato in acqua le gambe si trasformarono in una lunga e lucente coda e i folti capelli neri tornarono a incorniciare un viso di nuovo giovane.
“Io non ti lascerò sulle scale dell’altare”, promise la sirena e dopo aver preso la mano di Giovanni sparì con l’amato nelle profondità del mare.
Quando gli addetti della Marina, poco tempo dopo, raggiunsero Capo Carbonara per automatizzare il faro si chiesero come avrebbe reagito Giovanni all’idea di andare in pensione e abbandonare la torre. Ma arrivati sul posto trovarono solo la canna e le esche del vecchio guardino abbandonate sugli scogli e dopo lunghe ricerche conclusero che Giovanni era stato portato via della corrente dopo essere annegato in mare.
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