Dialetto sardo: la lingua romanza più vicina al latino
Il dialetto sardo è un dialetto dell’italiano o una lingua a sé stante? Breve viaggio alla scoperta di una straordinaria babele linguistica e culturale.
La Sardegna, terra circondata da uno dei mari più belli del mondo e accarezzata dal clima mediterraneo, vanta un patrimonio culturale di straordinario valore che comprende il dialetto sardo.
La storia del dialetto sardo è complessa e articolata poiché l’isolamento geografico dell’antica Ichnusa ha permesso di conservare elementi tipici della lingua greca e latina cui si aggiungono le influenze figlie del dominio catalano-spagnolo e piemontese.
Inoltre, nonostante la base lessicale sia in massiva misura di origine latina, il sardo conserva ancora oggi diverse testimonianze del sostrato linguistico degli antichi Sardi. Infatti, si evidenziano etimi protosardi e, in misura minore, anche fenicio-punici in diversi vocaboli, soprattutto toponimi. In aggiunta, in età medievale, moderna e contemporanea la lingua sarda ha ricevuto influenze di superstrato dal greco-bizantino, dal ligure, dal volgare toscano, dal catalano, dal castigliano e dall’italiano.
Un’opera che aiuta a comprendere meglio l’evoluzione delle vicende linguistiche dell’isola è il saggio “La lingua sarda. Storia, spirito e forma” di Max Leopold Wagner, etnologo e linguista tedesco considerato il maggior studioso della linguistica sarda.
Nel capitolo Caratteristica generale del sardo, l’autore, oltre ad approfondire le caratteristiche della lingua sarda e il suo rapporto con le altre lingue del bacino del Mediterraneo e con i dialetti italiani, risponde alla domanda: il sardo è un dialetto o una vera e propria lingua? Secondo Wagner, il sardo “è, politicamente, uno dei tanti dialetti dell’Italia, come lo è anche, per esempio, il serbo-croato o l’albanese parlato in vari paesi della Calabria e della Sicilia” tuttavia, aggiunge lo studioso, “dal punto di vista linguistico la questione assume un altro aspetto (…) si deve considerare una lingua per il fatto stesso che la lingua sarda non è confondibile con nessun’altra, e come tale viene ora considerata da tutti i linguisti, allo stesso modo che al retoromancio, che pure non può vantare un’indipendenza politica, si concede questa qualifica”.
La lingua sarda è stata riconosciuta con legge regionale n. 26 del 15 ottobre 1997 come lingua della Regione autonoma della Sardegna dopo l’italiano, mentre dal 1999, in base alla legge n.482 del 15 dicembre 1999 concernente “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”, lo Stato italiano riconosce al sardo lo status di lingua con proprie strutture sintattiche e grammaticali ed espressioni foniche e semantiche autonome e diverse da tutte le altre lingue neolatine.
Dialetto sardo: le varietà linguistiche da Nord a Sud dell’isola
Il sardo è una lingua appartenente al gruppo romanzo delle lingue indoeuropee e, poiché è considerata autonoma dai sistemi dialettali di area italica, gallica e ispanica, viene classificata come idioma a sé stante nel panorama neolatino.
Il dialetto sardo viene tradizionalmente distinto in due grandi gruppi: il logudorese-nuorese, utilizzato nella Sardegna centro-settentrionale da circa 400.000 abitanti, e il campidanese, tipico della zona centro-meridionale dell’isola e parlato da circa 900.000 mila abitanti.
Le due varietà, pur accomunate da morfologia, lessico e sintassi fondamentalmente omogenei, presentano alcune differenze di tipo fonetico e lessicale che però non rappresentano un ostacolo per la mutua comprensibilità.
Tra le principali caratteristiche che differenziano i due dialetti ci sono il sono l’articolo determinativo plurale (is ambigenere in campidanese, sos / sas in logudorese) e il trattamento delle vocali etimologiche latine E e O, che rimangono tali nelle varietà centro-settentrionali e sono mutate in I e U in quelle centro-meridionali. Inoltre, esistono numerosi “dialetti di transizione” o Mesanía, come l’arborense, il barbaricino meridionale e l’ogliastrino, che mostrano i caratteri tipici ora dell’una, ora dell’altra varietà.
Esistono poi altri due idiomi, detti sardo-corsi e utilizzati nell’estremo nord dell’isola, che gli studiosi considerano parlate sarde facenti parte del sistema linguistico italiano di tipo còrso/toscano. Si tratta del gallurese e del turritano o sassarese che hanno precise peculiarità:
- gallurese: considerato una varietà del còrso-meridionale, viene parlato nella parte nord-orientale della Sardegna ed è conosciuto dai linguisti con il nome di còrso-gallurese. La nascita dell’idioma risale al periodo dei grandi flussi migratori che investirono la Gallura dalla seconda metà del XIV secolo o, secondo altri, dal XVI secolo;
- turritano o sassarese: le origini risalgono al XII-XIII secolo ed è utilizzato a Sassari, Porto Torres, Sorso, Castelsardo e dintorni. Conserva la grammatica e la struttura di base corso-toscana ma presenta profonde influenze, nel lessico e nella fonetica, del sardo logudorese cui si aggiungono quelle liguri, catalane e spagnole.
Dai dati raccolti nel report “Limba sarda comuna. Una ricerca sociolinguistica”, un’indagine commissionata dalla Regione Sardegna e svolta dall’Università di Cagliari, emerge che:
- il 68,4% dei sardi afferma di conoscere e parlare una qualche varietà della lingua sarda. Una percentuale che nei comuni al di sotto dei 4000 abitanti sale all’85,5% mentre in quelli al di sopra dei 100 mila abitanti scende al 57,9%;
- il 29% del campione esaminato dichiara di possedere soltanto una competenza passiva, mentre solo il 2,7% del totale afferma di non parlarlo e non capirlo;
- il 37,8% è del tutto, o parzialmente, favorevole all’introduzione di una forma scritta unica per la pubblicazione dei documenti della Regione Sardegna;
- il 57,3% si dichiara “del tutto favorevole” all’introduzione a scuola, accanto all’italiano, di una lingua locale e il 78,6% considera la scuola un contesto nel quale è importante usare la lingua locale affinché questa continui a vivere e si sviluppi;
- l’89,9% dei sardi si dichiara “molto d’accordo” con l’affermazione secondo cui la lingua locale “deve essere promossa e sostenuta perché è parte della nostra identità”.